Articoli su Giovanni Papini

2022


Luigi Mascheroni

Papini e le eterne disgrazie del libro

Pubblicato in: Il Giornale.it
Data: 16 maggio 2022




Venti pagine scarse, nove capitoletti, alta ironia, una forte disillusione per lo stato della cultura nel nostro Paese e un'invettiva finale contro coloro "che non posseggono e leggono e studiano buoni libri"

Venti pagine scarse, nove capitoletti, alta ironia, una forte disillusione per lo stato della cultura nel nostro Paese e un'invettiva finale contro coloro «che non posseggono e leggono e studiano buoni libri»: eredi senza onore - «rinnegati bastardi» - della grande civiltà letteraria italiana.

Ecco a voi un testo aureo sul culturame nazionale: Le disgrazie del libro in Italia, pamphlet feroce e irresistibile di Giovanni Papini (1881-1956) apparso per Vallecchi nel 1953, ogni tanto ristampato (da Olschki nel 1982, ad esempio), e ora riproposto da Luni editrice con la stessa prefazione che Stampa Alternativa chiese nel 1993 al «Signore dei Librai», Roberto Palazzi (del quale proprio Luni sta preparando, a vent'anni dalla morte, un volume con tutti gli scritti curato da Mauro Chiabrando: siamo sulle 600 pagine e oltre).

Cose notevoli del libricino di Papini. Uno: la pagina iniziale, verp concentrato di sarcasmo, sui modi cui gli italiani ricorrono quando vogliono un libro: chiederlo in omaggio all'editore o all'autore, farselo regalare, rubarlo... parassiti che pensano che chi fa cultura, la faccia gratis. E chissà cosa direbbe Papini della consuetudine attuale - figlia dello stesso fraintendimento della parola «cultura» - di chiamare scrittori e giornalisti a presentare libri o tenere conferenze o partecipare a convegni e talk show, ma gratis... Se pago il microfonista, o il cameraman, o gli operai che montano il palco, perché non devo pagare l'intellettuale che ci sale? Due: la categorizzazione di coloro che non comprano libri. Si parte dagli analfabeti, si passa agli «imbecilli e mentecatti», si arriva ai mondani ottusi e ai politicanti «che si cibano solo di giornali di partito e verbali di congressi» (oggi c'è Twitter). Tre: la diffidenza verso le biblioteche pubbliche (il libro è «veramente goduto e spremuto» solo se è di proprietà personale). Quattro: l'elenco, fantozziano prima di Fantozzi, dei libri contenuti nella casa dell'italiano medio (libri di cucina, del Lotto, almanacchi, classici spaiati in pessime edizioni...). Cinque: l'amara costatazione che «l'editoria è un'industria tra le più meritevoli e tra le meno redditizie». Ieri come oggi.


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